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Manifestazione a Reggio Emilia contro il decreto Sicurezza [Resoconto di Viaggio]

Da Parma, viaggio verso Reggio Emilia. Oggi alle 18.00 partirà da piazzale S.Croce la manifestazione reggiana contro il pacchetto sicurezza del Governo. Molti dei presenti saranno immigrati irregolari (clandestini), molti lo sono, quasi tutti lo saranno entro i prossimi 6 mesi se non hanno già oggi la cittadinanza italiana. Gli irregolari lavorano per ditte italiane a 1,70 euro l’ora e sono da queste vessati e discriminati. Neppure pagati per la loro manodopera talvolta. Ho scritto un post a riguardo.

Parto dal benessere cittadino parmense e vado degradando nella scala sociale sino all’immigrato reggiano di periferia. Si badi che Parma, da uno studio dell’Aipb, risulta un po’meno ricca di Reggio Emilia. Tuttavia la mia anabasi procede dal contesto del centro storico parmense, dove ragazzine indossano capi (anche politici) e atteggiamenti all’ultima moda. Sarebbe altrettanto interessante indagare sulla situazione del lavoro irregolare a Parma.

Reggio Emilia è una città ad alta intensità d’immigrati e tortellini. Tortellini è la prima parola che sento scendendo dal treno. Realmente. A pronunciarla è un signore reggiano che riporta in bici un bambino a sua madre, immigrata africana, dopo un giretto in città. Che sto a fare in stazione? Vado subito verso piazzale S.Croce.

Sulla strada, incollato a una postazione dell’ENEL, un consunto volantino scritto a pennarello e fotocopiato chiede:

ITALIANI DENUNCIAMO CHI A’ PER2ONALE STRANIERO

NON IN REGOLA E CHI LI ALLOGGIA CON NOMI IN PUBLICO.

CHIUNQUE 2IANO”, e un logo tondo indistinguibile.

Una bambina cinese grida:”Papà!” , una mamma cinese allatta il figlio sotto il portone di casa, un magrebino mi guarda dall’altra parte della strada mentre incrocio due donne slave che portano a casa la spesa. Questo, negli ultimi 4 minuti. Da un manifesto, annoto che la festa di quest’anno del PD di Bosco Albergati è pubblicizzata anche in lingua araba. Lungo il percorso verso il punto di ritrovo della manifestazione, scopro e perlustro il parco S.Maria. Oggi è frequentato da soli immigrati. L’unica italiana è un’anziana in sedia a rotelle, portata lì a forza dalla badante slava che ora chiacchiera con l’amica connazionale. Sul muro di una casa, in un vicolo lì accanto, un graffito consumato:”Il popolo giusto vuole la neve”.

Eccomi, sono in via Roma e da lontano vedo piazzale S. Croce e non mi sembra ci sia ancora nessuno, a parte una trentina di carabinieri. Per la via invece reggiani e immigrati a fare shopping e portare a spasso il bimbo in questa tepida giornata di luglio. Il corteo riunitosi nel piazzale proseguirà poi per via Roma e giungerà infine nella piazza principale passando per le vie del centro. Nell’attesa, osservo l’allestimento del Collettivo nonviolento uomo ambiente di Guastalla (RE): due carrelli porta-abiti sono il telaio mobile di due vasti cartelloni “Permesso di soggiorno in nome di Dio” e “Ministero del regno di Dio”. Trattasi di missionari comboniani schierati contro il decreto sicurezza, i respingimenti in mare e in generale contro la “cultura del rifiuto dell’immigrato”. Il volantino fotocopiato che distribuiscono è in italiano, pakistano, indiano e arabo. Leggo un lungo elenco di discriminazioni che l’Italia (xenofoba e razzista per l’agenzia dell’ONU n.d.r.) infligge agli immigrati. Nessuna mail o numero di telefono presenti sul foglio: chi è interessato s’informi da sé.

Mi fermo per un caffè. Il Giornale di Reggio oggi tematizza la prima pagina sulla sicurezza, ma non vi è alcun accenno alla manifestazione. Una dipendente del Giornale mi conferma che “in redazione non capiscono un cazzo”. Nemmeno la signora Teresa, alla quale chiedo un caffè sedendomi al bar, sa alcunché del corteo che mi appresto a seguire. L’Informazione di Reggio Emilia ha invece al proprio interno un articolo sull’illegalità nelle aziende. Il taglio del pezzo giornalistico è tutto politico: il soggetto è la questura e l’accordo con gli amministratori locali e non è trattata né la questione dei clandestini lavoratori né tantomeno la manifestazione di oggi. Il problema dell’illegalità nelle aziende nell’articolo si sostanzia nell’intreccio con infiltrazioni mafiose e…. insicurezza stradale arrecata da mezzi industriali non autorizzati. Niente dei 300 uomini che hanno lavorato in nero e non sono stati pagati, in corteo oggi.

Ma sono già le sei, e vado in piazzale S. Croce. Si, c’è gente! Nemmeno un centinaio per ora. Ai comboniani si sono aggiunti: un manipolo di militanti FAI, una decina dei CARC (aggrediti in Aprile da colpi di pistola della Polizia), un furgoncino dell’Onda alias Comitato Io Non Ho Paura (RE) che espone lo striscione “Noi accogliamo i clandestini. Fossa rilassati” e dal cui furgoncino parla nel megafono un ragazzo e galvanizza la sparuta folla. Negli intervalli, musica etnica africana. Davanti a me due giovanissime ragazzine in abiti estivi, mentre i comboniani fanno incetta di firme fra gli extracomunitari, in netta minoranza rispetto ai presenti e di eterogenea estrazione etnica. Tutte presenti tranne la rappresentanza sino-giapponese.

Ma che fine hanno fatto i carabinieri di prima? Ne vedo solo una decina ora. Il sindaco Delrio ha vietato manifestazioni in centro storico, ma l’ordinanza è stata rinviata al 30 Settembre, grazie anche all’impegno di Io Non Ho Paura. Ci son tutti vecchi e bambini, uomini e donne, militanti e occasionali. Mancano però i partiti (TUTTI) e gli immigrati (molti). La manifestazione è sul decreto sicurezza, ma non partecipa né chi decide sul decreto, né chi sarà l’oggetto stesso del decreto (partecipano al corteo una ventina d’immigrati). Chi protesta oggi è estraneo al disegno di legge sulla sicurezza, ma il volantino della FAI recita: <Oggi tocca agli immigrati, domani toccherà a tutti>.

Finisco l’inchiostro e mi allontano per comprare un’altra penna con cui scrivere. In un negozio di alimentari africano in via Roma. Ecco dov’erano i carabinieri! Appostati in macchina nella via vicina (ma solo 2 volanti). Ecco dov’erano gli immigrati! Ad aspettare il corteo per la via. Per timidezza, diffidenza, reticenza, prudenza? Passa poco tempo, arrivano una decina di poliziotti poco distanti dal corteo mentre gli immigrati per via Roma sembrano sempre meno. Due di loro chiacchierano e fanno il bucato nella lavanderia a gettoni.

Nel corteo che si appresta alla partenza gli slogan non attecchiscono. Dalla folla si levano meno voci che cartelli e striscioni. Una donna, battendo le mani e ancheggiando sulle note tribali diffuse dalle casse, fa cadere a terra le briciole del panino al prosciutto che sta mangiando piano piano. Il corteo ora è partito. Nell’ordine, siamo: lo striscione del Comitato, il furgoncino col sound-system, e più di un centinaio di accoliti. Due immigrati africani discutono fra loro agitando i volantini. Parlano del decreto e indicano le parole scritte sui fogli. Mentre passiamo, dai palazzi si sporgono curiosi gli immigrati residenti e gli obiettivi delle telecamere. Siamo controllati con eguale ma diversa attenzione. Un reggiano si affaccia a petto nudo e fotografa il corteo, che è civilissimo ed educato. Al piano superiore, una donna musulmana osserva da dietro un’imposta mentre la sua parabola alla finestra accanto punta in direzione contraria. Un uomo sui trampoli, puntando sulla folla un bastone a mo’ di fucile, chiude il corteo. Passiamo sotto gli appartamenti del centro, tolti per speculazione ai residenti anziani e affittati in nero agli immigrati a prezzi esorbitanti. Dal megafono un egiziano urla il suo essere inerme: <Che cosa posso fare per ottenere la residenza?>. Il clima è di fratellanza e fraternità. In chiusura corteo, nel nutrito gruppo della FAI (una trentina di persone circa), una signora torinese urla al megafono la propria indignazione. Di tanto in tanto, dal megafono provengono appelli in lingua straniera…. I reggiani presenti applaudono per simpatia, immagino.

Saremo in 200 ora. Fra poco il corteo s’immetterà in via Emilia, il corso principale nel centro storico della città. Una camionetta e due volanti della polizia precedendoci annunciano ai turisti e ai passeggiatori del sabato pomeriggio che stiamo per arrivare. Il furgoncino passa affianco a una giovane coppia che seduta a un caffè sta leggendo il Giornale. Immagino lo spaesamento: non troveranno notizia delle 200 persone che inspiegabilmente sfilano davanti ai loro occhi. Ci sono tre coppie nel dehor del bar: le più incuriosite dal corteo sono le donne.

Ora che siamo in centro il corteo mi sembra più affollato, ma forse è solo l’effetto delle vie più strette. Gl’immigrati presenti però mi sembrano aumentati. Un pakistano dal megafono lamenta la penosa situazione per cui in molti a Reggio Emilia stanno perdendo lavoro e casa. Siamo in piazza Prampolini, il cuore di Reggio. Qui nel 1960 cinque giovani reggiani furono uccisi dalla Polizia durante una manifestazione. Per loro Pasolini compose La croce uncinata. Un ragazzo dal furgoncino amplificato si appella ai reggiani seduti ai tavoli per l’aperitivo in modo pacato e civile, esponendo loro i motivi del corteo. La bandiera tricolore, che conobbe a Reggio Emilia la propria genesi, sventola oggi in piazza affianco al Comune sulla Torre del Bordello, col battente sbrindellato.

Alle 20.15 la manifestazione è finita. Il furgone resta in piazza a diffondere musica e i cittadini con metodo lasciano i cartelli e gli slogan nel baule del mezzo. Chi ha preso parte al corteo s’attarda ancora in piazza per salutarsi e scambiare opinioni.

Aspetto Giancarlo che sta arrivando da Parma. Un kebab e poi ripartiamo. Abbiamo tempo fino alle 22.00. Il Sindaco ha deciso che non è più opportuna la vendita di kebab dopo il prime-time per i reggiani. Per motivi di sicurezza.